Chi era il Gurga?

Sab, 09/04/2011 - 13:27
The show must go on, Lo spettacolo deve continuare. E' una frase che ormai è entrata a far parte del nostro parlato comune, pronunciata spesso anche da chi anglofono non è. Viene adoperata soprattutto quando viene a mancare un personaggio famoso dello sport o dello spettacolo le cui opere o gesta sono strettamente legate a lui. Sarà capitato anche ad ognuno di noi di utilizzare questa frase per commentare il fatto che, anche di fronte alla morte di un illustre personaggio, l'evento o la manifestazione legata a lui è dovuta comunque andare avanti. Freddy Mercury, indimenticabile leader della band inglese dei Queen, scelse proprio questa frase per il titolo di una delle sue più belle e famose canzoni. La scrisse quando ormai aveva la consapevolezza di essere prossimo ad un irreversibile destino, quasi come se volesse invitare i suoi fan ed i suoi compagni di gruppo a non abbattersi e a portare avanti la sua opera anche dopo di lui. Giovanni Gurgone non era una star internazionale, non era un attore famoso, non era un cantante famoso, non era un personaggio del grande schermo, nessuno lo ha mai visto in TV sui canali nazionali né tanto meno su di un palco ad intrattenere folle impazzite per lui e nemmeno come protagonista di una grande manifestazione sportiva. Aveva però in comune con tutti questi personaggi quel dono divino che solo ai Grandi è concesso avere: un talento naturale che induceva tutti quelli che lo conoscevano bene, a diventare più che suoi amici, veri e propri suoi fan! Quando si parla di talento naturale viene spontaneo pensare ad una dote che fa eccellere una persona in un'arte o in una disciplina sportiva. Nel caso di Giovanni il talento naturale era il suo essere Giovanni Gurgone, il Gurga. Il Gurga era probabilmente un nomignolo che qualcuno aveva coniato ad hoc per lui in risposta al nomignolo che sicuramente Giovanni gli aveva affibbiato. Tutti gli amici del Gurga venivano ribattezzati con originalissimi nomignoli, non potevi farla franca. Quello di Gurga gli era evidentemente così tanto piaciuto da farlo suo ed utilizzarlo per autodefinirsi quando parlava e scriveva di sé stesso in terza persona. Sarebbe un'impresa impossibile cercare di far capire chi era Giovanni Gurgone a chi non lo conosceva. Non basterebbero fiumi di parole, indipendentemente da chi le scrive. Vorrei comunque fornire un mio personale ritratto di chi era il Gurga sia nell'ambiente della pallavolo, sua infinita passione, e sia in palestra, sua seconda casa per tutta la sua troppo breve vita. D'altronde è proprio in questo contesto che nostre vite si sono incrociate, per oltre venti anni. Per capire chi era il Gurga può essere d'aiuto leggere alcune delle espressioni che ricordo aver sentito pronunciare su di lui nel corso di questi anni in palestra: è un bambinone, è un fanciullone, è un eterno Peter Pan,è un giullare, è un istrione, è un grande, è unico, è inimitabile, u'ngignier, è un personaggio, Gurghetto, Jovanovic (trasformazione in slavo del suo nome), Peter (Griffin noto personaggio ironico dei cartoni animati), SKYman (nel senso di inviato televisivo SKY), è un inguaribile ragazzino, è il più piccolo della palestra (inteso nello spirito contrariamente all'età), è un under (idem come prima), è nu sfuttitor, è un giamburrasca, è una sagoma, è una macchietta, è troppo sfizioso, è troppo comico, è terribile,da grande voglio essere come lui, è un matto, è un folle, è un pazzo, è un fenomeno, Duracell, Gigi la trottola, Pierino la peste. Mi fermo qui ma l'elenco potrebbe continuare ancora un bel po'. Giovanni era un uomo che si era affermato nella vita. Si era dedicato agli studi, diventando un ingegnere elettrotecnico, aveva cominciato a lavorare giovanissimo ancor prima di laurearsi, poi anni ed anni di duro lavoro per diventare un eccellente e stimato professionista. Aveva raggiunto l'apice della sua carriera ricoprendo la prestigiosa carica di Dirigente di una multinazionale svizzera del settore farmaceutico, la Novartis. Era inoltre uno straordinario marito e padre di famiglia. Questi elementi già basterebbero a far capire che si sta parlando di un uomo che va ben oltre la media. Un uomo brillante, concreto, di altissimo spessore umano, morale e culturale. Ma Giovanni era molto di più, era un fuoriclasse come persona, uno che ti strabiliava in qualsiasi cosa facesse o dicesse. Io con Giovanni riuscivo a parlare di tutto persino del mio campo lavorativo che era diverso dal suo. Era sorprendente la sua vastissima cultura generale. Non c'era argomento, anche il più insospettabile, in cui non dimostrasse di avere una discreta competenza. L'aspetto che più mi rapiva della sua persona era l'estrema vitalità ed energia che sprizzava da tutti i pori, tipica di un adolescente nel pieno delle forze fisiche e mentali. Aveva sempre il sorriso sulle labbra, una simpatia straripante e coinvolgente, una inesauribile tendenza a prendere in giro tutti allo stesso modo, piccoli e grandi, uomini e donne, prima di tutti sé stesso. Questa sua ironia, unita alla sua vasta cultura generale, faceva sì che le sue battute non fossero mai banali o scontate e, soprattutto, mai volgari. Giovanni non era molto alto, era un uomo di media statura, abbastanza panciuto e con un faccione occhialuto dall' espressione naturale un pochino buffa. Aveva stampato sul viso quel sorrisino appena accennato e a labbra strette tipico di quei bambini birbantelli pronti a farti uno scherzetto. Il suo volto ed il suo corpo sembravano calzare a pennello con il suo carattere. Lui si piaceva molto anche se sapeva di non essere un adone, aveva quel pizzico di vanità caratteristico di chi sta bene con se stesso, di chi ha una grossa autostima, di chi sa di piacere agli altri. Accompagnava le sue battute con una gestualità del viso e del corpo tipica di un mimo consumato. Non riuscivi mai a capire se ridevi per la battuta in sé o per le sue espressioni e la sua gestualità. Aveva una voce squillante, che ti penetrava le meningi. Sapeva cadenzarne il tono come tipicamente sanno fare i comici. La sua originalissima risata era coinvolgente come poche e spesso seguiva le sue battute, quasi a compiacersene. Non ricordo di averlo mai visto con un'espressione arrabbiata o perdere la pazienza o rispondere in maniera scorbutica a qualcuno. E non perché non se ne presentasse l'occasione. Lui era un gran signore, aveva tatto e savoir faire, rispondeva sempre col sorriso o con una battuta anche quando era in forte disaccordo col suo interlocutore. La palestra era il suo regno, quello in cui forse veniva fuori il meglio di sé stesso perché lì godeva di assoluta ed incontrollata libertà. Ha cominciato a giocare a pallavolo sin da quando era adolescente. Allora, mi raccontava, si giocava all'aperto, anche alle intemperie e con palloni che col tempo diventavano vere e proprie armi contundenti. Non ha mai voluto dismettere scarpette, maglietta e pantaloncino. Il suo ultimo campionato da tesserato federale lo ha disputato due anni fa all' età di 52 anni, vincendo il campionato di prima divisione. Gli anni per lui passavano solo per l'anagrafe ma non scalfivano minimamente il suo spirito. Gli piaceva dire che aveva un fisico scolpito nell'ebano per prendere in giro i suoi vistosi chili di troppo che da anni gli impedivano di essere protagonista in campo durante le partite ufficiali. Nonostante ciò non ha mai perso lo stimolo e la voglia di allenarsi. Era sempre il più presente, saltava l'allenamento solo quando non ne poteva fare a meno. Adorava stare in quel rettangolo di gioco, a divertirsi e divertire intere generazioni di giovani. In tanti ne sono passati, hanno fatto il loro percorso sportivo e poi hanno lasciato per scelta o per necessità, ma il Gurga rimaneva sempre lì. Era stato un buon palleggiatore, dotato di un tocco pulito del pallone e le sue piccole soddisfazioni in carriera se le era anche tolte. Le sue movenze ed i suoi riflessi in campo non erano più quelle di un ragazzino, a volte erano un po' goffe ed impacciate ma comunque sorprendenti per un atleta della sua età. Il suo spirito da combattente ed agonista di razza, così come lo era nella vita, lo aveva conservato intatto. Nelle partite di allenamento tra compagni di squadra si scatenava. Il confronto con ragazzi che avevano la metà dei suoi anni e soprattutto, l'idea di poterli battere, lo gasava da impazzire. Sapeva di non poter competere con loro sul piano fisico ed atletico, ma da persona astuta ed intelligente qual era, tentava di colmare questo svantaggio con altre armi. Da navigato stratega del parquet cominciava a punzecchiare i suoi avversari con tartassanti sfottò che alla lunga sortivano l'effetto desiderato di farli innervosire e far aumentare la percentuale dei loro errori. Contemporaneamente esaltava e stimolava al massimo i propri compagni di squadra per spingerli a fare di più, anche quello che lui non era in grado di garantire e conquistare così la vittoria. Memorabili sono rimaste le sue esultanze che accompagnavano i punti che realizzava, in particolare quelli ottenuti grazie a quella che chiamava la palletta sfreghettata (termine da lui coniato per indicare un tocco improvviso in palleggio di seconda intenzione che cadeva dall'altro lato lasciando di stucco gli avversari). Cominciava a compiere giri di campo a mo' di trottola impazzita e a lanciare urla di gioia che mettevano a dura prova i timpani di tutti i presenti. Sua figlia Ilaria mi ha confessato di essere rimasta traumatizzata da bambina dalle esultanze incontenibili durante le partite del suo papà. E guai se alla fine vinceva lui. Gli sconfitti dovevano sorbirsi il suo supplizio fin dentro gli spogliatoi e sotto la doccia. Il Gurga era un grande trascinatore, un uomo spogliatoio indispensabile, uno di quelli che cementa e fa fare il salto di qualità al gruppo più di quanto è in grado di fare un giocatore bravissimo tecnicamente. Era forse l'unico giocatore che, anche stando sempre in panchina, i suoi avversari memorizzavano più dei titolari. La sua intensa partecipazione alla gara e il suo modo di spronare incessantemente i propri compagni di squadra dalla panchina erano un esempio da trasmettere ai più giovani. Durante il periodo estivo quando le attività indoor si interrompevano e iniziava la stagione del beach volley il Gurga svestiva maglietta, pantaloncini e scarpette ed indossava costume e canotta. Era sempre lì presente a prendere in giro tutti, nell'attesa che si aprisse una parentesi in cui inserirsi in campo per divertirsi e dare spettacolo con le sue insospettabili doti acrobatiche sulla sabbia. La sua passione per il volley non si limitava solamente alla pratica sportiva. Da sempre amava seguire le gesta di tutte le squadre torresi di pallavolo sia maschile che femminile. Lo conobbi agli inizi degli anni novanta. Era sempre presente a seguire le partite dell'Oplonti, allora in campo c'ero io con la maglia dell'Oplonti. Ogni fine partita puntualmente lo cercavo per chiedergli un giudizio sulla mia prestazione. Mi piaceva avere un suo riscontro e ricevere i suoi consigli. Lui mi stimava molto come giocatore e questo mi rendeva orgoglioso perché lo ritenevo una persona competente e molto appassionata. Qualche anno fa ho avuto anche l'enorme piacere di essere suo compagno di squadra nel campionato di prima divisione. Un'esperienza che ricorderò per tutta la vita. Da diversi anni era ritornato a far parte della nostra Associazione, l' Oplonti Volley, grazie all'intercessione del suo amico storico, da oltre cinquanta anni, Carmine Arpaia che Giovanni chiamava Presidente Arpìa. Era ritornato nelle vesti di addetto stampa, telecronista e dirigente. Dopo un anno era stato insignito a pieno diritto della carica di Vice Presidente o, come amava dirlo lui, Vais President parafrasando la pronuncia in inglese. Giovanni aveva la passione della scrittura e si dilettava a scrivere articoli sulle partite dell'Oplonti e di altre squadre che venivano pubblicati su alcuni siti specialistici e su diverse testate locali. Il suo modo di scrivere rispecchiava fedelmente la sua natura di persona esuberante ma umile, molto competente di volley ma senza mai ostentarlo, mai una parola fuori posto e tante belle frasi ad effetto che spesso stimolavano l'ilarità del lettore. Degna di rilievo anche la sua rubrica settimanale Il punto del Gurga che pubblicava ogni giovedì sul sito dell'Oplonti e con cui presentava in maniera puntuale e dettagliata il turno successivodi campionato. Il pezzo forte erano le sue temutissime pagelle. Era diventato un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati dell'Oplonti e del volley in generale. L'articolo della gara un po' lo limitava perché, gioco forza, doveva attenersi a quanto accaduto in campo. Nelle pagelle era più libero di spaziare con la sua creatività. I suoi giudizi erano dei veri e propri camei con cui sintetizzava le prestazioni buone dei suoi pupilli, ma all'occorrenza non lesinava loro delle sonore bacchettate quando secondo lui si esprimevano sottotono. Gli era bastato poco per imporsi all'attenzione di tutto il volley regionale diventando un personaggio conosciuto e stimato nell'ambiente. In questo lo avevano aiutato anche le sue ormai famose telecronache delle partite dell'Oplonti condotte insieme ad Ilaria Arpaia per Vesuvio Tv. Il Gurga era uno che bucava lo schermo e sapeva imprimere un marchio di fabbrica alle sue performance. Utilizzava lo stesso approccio professionale che impiegava nel suo lavoro di ingegnere, curava ogni minimo dettaglio, non lasciava mai nulla al caso, si documentava sulla squadra avversaria, preparava delle statistiche che lo confortassero nei giudizi che esprimeva. Si allenava imparando dalle telecronache delle partite di pallavolo di Serie A e rivedeva più volte le registrazioni delle sue telecronache per cercare di imparare dagli errori. Era un perfezionista in tutto ciò che faceva. Ogni sua telecronaca non era mai anonima o scontata. Sapeva bene che dal Gurga tutti si aspettavano sempre quel qualcosa in più, quelle frasi ad effetto, quelle espressioni colorite, ricche di enfasi e cantate come solo lui sapeva fare. E lui ci sorprendeva sempre, ogni volta, puntualmente. Dallo scorso anno aveva introdotto le interviste di fine gara dopo la telecronaca, un'idea brillante che riscuoteva successo e approvazione da parte degli addetti ai lavori, soprattutto quelli non appartenenti alla nostra organizzazione. Si divertiva tantissimo a fare tutto ciò. Era felice, felicissimo di poter offrire a tutti gli appassionati di volley quello che Lui definiva un servizio unico ed originale. Era una fonte inesauribile di idee. La sua ultima riuscitissima iniziativa era la rubrica televisiva SOTTORETE in onda sempre su Vesuvio.Tv. Un appuntamento settimanale di approfondimento sul girone G della Serie B2, quello in cui sono inserite tutte le squadre campane, compreso ovviamente il suo Oplonti. Tutti noi dirigenti dell' Oplonti abbiamo imparato da Lui che anche nel divertimento bisogna avere un approccio metodologico e professionale se si vogliono fare le cose per bene e raggiungere dei risultati importanti. E' anche grazie a Lui ed ai suoi insegnamenti se nella scorsa stagione abbiamo coronato il sogno, mai lontanamente ipotizzato prima, di vincere il campionato di Serie C e portare il volley maschile torrese in uno scenario nazionale. Quest'anno, sempre grazie a lui, ci troviamo ad un passo dalla permanenza nella categoria. Questo per Lui era motivo di grande gioia ed orgoglio, perché era riuscito ad ottenere un risultato prestigioso per la sua amata Torre Annunziata in quello sport, la pallavolo, che era la sua più grande passione. I brillanti risultati costruiti e raggiunti insieme e le intense emozioni condivise avevano rafforzato moltissimo il nostro legame e la stima reciproca. Il Gurga era una persona molto ambiziosa. Sognava di portare il nome dell'Oplonti e della sua città a competere ai vertici di un campionato nazionale. Desiderava che Torre diventasse più partecipe delle nostre iniziative, si rammaricava del fatto che l'imprenditoria locale fosse distante da noi e si prodigava molto affinché tutto ciò cambiasse. Io mi confrontavo con lui continuamente. Non appena venivano pubblicati i suoi articoli e le pagelle arrivava puntuale la sua telefonata per avere un mio parere e questo mi rendeva orgoglioso. Era diventato un appuntamento fisso lo scambio di idee in palestra a valle della messa in onda della telecronaca della partita o della puntata di Sottorete. Così come non potrò mai dimenticare la gioia che mi manifestava quando gli comunicavo che avevo fissato l'appuntamento con i prossimi ospiti della sua rubrica televisiva. Avevano imparato a conoscerlo quasi tutti i giocatori della Campania e, da quest'anno anche quelli oltre regione. Mi capitava spesso di raccontargli che quel o quell'altro giocatore che avevo contattato mi aveva manifestato il piacere di venire a giocare a Torre anche per diventare protagonista delle telecronache di Gurgone. Si beava tantissimo sentendo queste frasi. Era altresì divertente sentirgli raccontare che gli avversari, soprattutto quelli non campani, lo riconoscevano e gli facevano i complimenti per i suoi articoli e telecronache. Un altro lato divertentissimo del Gurga era quello di mattatore degli incontri in palestra in occasione dei raduni di inizio e fine campionato o degli auguri natalizi e pasquali. In quelle circostanze diventava un fiume in piena. Vestiva comodamente i panni del one man show. Era a proprio agio col microfono in mano e con tutta la platea di atleti e atlete, genitori e tifosi, grandi e piccini, schierata sulla tribuna di fronte a lui, che pendeva dalle sue labbra. Era capace di intrattenere il pubblico per ore e farci ridere a crepapelle, come si confà ad un vero animale da palcoscenico. Avevo imparato a conoscerlo anche in un contesto un po' più serio, quello degli incontri con i possibili sponsor. Ne abbiamo fatti tanti e lui in questi appuntamenti si occupava di descrivere gli aspetti salienti della nostra Associazione e le varie possibilità di ritorno di immagine che la nostra organizzazione era in grado di offrire. Ogni volta lo faceva in maniera completamente diversa, le sue parole erano cariche di partecipazione, si capiva che credeva fortemente in ciò che diceva. Io rimanevo estasiato dalla sua bravura nell'esporre quei concetti e alcune volte, fortunatamente, lo rimaneva anche lo sponsor. Nonostante tutti i suoi impegni da dirigente e da addetto stampa, la cosa che più amava era allenarsi insieme ai ragazzi della prima squadra. Lui era parte integrante del gruppo. Si faceva adorare dai ragazzi che lo consideravano uno di loro, un valore aggiunto per il gruppo per le sue spiccate caratteristiche umane, per la grande passione e l' affetto che dimostrava nei loro confronti. Aveva vissuto insieme a loro in prima linea la cavalcata trionfale della vittoria del campionato dell'anno scorso. Tastava il polso della situazione allenamento dopo allenamento, parlava in continuazione con loro e con il mister e questo gli piaceva tantissimo. Raccoglieva elementi utili per i suoi articoli e le sue telecronache. Ultimamente fece una battuta esilarante a proposito di questo suo vivere in simbiosi coi ragazzi: Si sente tanto parlare di questo Marchionne e delle sue capacità manageriali. Dovrebbe venire un po' a lezione da me. Ma dove si è mai visto un vice presidente di società che controlla così da vicino l'operato dei suoi dipendenti?. I suoi allenamenti erano divertentissimi. Durante la prima ora di parte atletica pochi giri di corsetta accennata, intervallati da lunghe pause di intrattenimento con le tante persone che rimanevano sempre a vedere gli allenamenti della prima squadra. Amava dire:Mi devo tenere in forma perché il mister mi ha promesso che nella prossima partita mi farà debuttare. Lui non aspettava altro che il momento in cui si prendevano i palloni. Ad inizio allenamento faceva puntualmente il conteggio dei presenti. Se si era in numero dispari faceva rimanere uno dei ragazzini che da poco avevano finito di fare allenamento per assicurarsi il partner con cui fare i consueti esercizi uno contro uno di palleggio,attacco e difesa. Il massimo della gioia per lui era quando mancava qualcuno e non si raggiungeva il numero utile di dodici unità per schierare i sei contro sei per la partitella di allenamento. Sapeva che quello era il suo momento e poteva divertirsi misurandosi con i suoi forti pallavolisti sfoderando le armi dello sfottò contro i rivali dell'altra metà campo. Quando invece si lavorava a ranghi completi e non c'era spazio per inserirsi, molto mestamente guadagnava la via degli spogliatoi per fare la doccia. Era una scena di una tenerezza assoluta. La delusione gliela leggevi sul volto. In questi casi, dopo la doccia rimaneva spesso in mia compagnia fino alla fine dell'allenamento ed era per me sempre un enorme piacere. Il giorno di allenamento più bello per lui era il venerdì. Durante la prima ora la squadra restava nello spogliatoio a guardare il video degli avversari in campionato. La palestra era tutta sua. Si organizzava con i ragazzi delle squadre under che da poco avevano terminato l'allenamento e alcune delle ragazze della femminile che si dovevano allenare dopo la prima squadra. Nella peggiore delle ipotesi un tre contro tre era assicurato. E lui era il più felice ed il più attivo di tutti. Quel pallone in aria gli provocava una gioia così grande che anche io, che da più di trent'anni amo questo sport, faccio difficoltà a quantificare. Le sue pagelle erano uno spauracchio per i ragazzi. Tante volte ho assistito a simpatici duetti tra qualcuno di loro e Giovanni per il mezzo voto in più o in meno dato e non dato. Giovanni mi confessava che amava pungolarli, stimolarli con le sue pagelle. Si divertiva un casino quando si dimostravano scontenti dei suoi giudizi o dei suoi voti. Era tutto terreno fertile per le battute e gli sfottò. La vittima sacrificale del Gurga era Paolo Nikolajev. Aveva collezionato già una discreta serie di insufficienze su alcune delle quali il ventitreenne centrale ucraino si era dimostrato in disaccordo. Giovanni si divertiva molto a fargli credere che la prossima intervista di fine gara sarebbe toccata proprio a lui. Paolo era terrorizzato dall'idea a causa della sua non eccelsa confidenza con l'italiano. Giovanni fingeva un' espressione molto rassicurante che non riusciva però a nascondere quel risolino dispettoso e cercava di tranquillizzarlo dicendogli: Paolo non ti preoccupare, io ti chiederò semplicemente cosa ne pensi del significato semantico della metafisica della pallavolo. Quella maledetta sera del 9 marzo Giovanni mi accolse in palestra con espressione sorridente. Non era una novità, lo faceva sempre e con tutti. Era particolarmente contento perché aveva registrato poche ore prima la puntata di SOTTORETE ed aveva intervistato due ospiti che lo avevano lasciato particolarmente soddisfatto. Non volle anticiparmi molto degli argomenti discussi perché lo distoglievo dall'allenamento, mi invitò cordialmente a guardare la trasmissione il giorno dopo. Poco dopo mi avvicinai a lui in mezzo al campo. Stava palleggiando con uno dei ragazzi, non ricordo chi . Gli volli ricordare dell' appuntamento importante fissato per il giorno dopo alle 19 con un potenziale sponsor. Lui, senza fermarsi e continuando a palleggiare, mi risponde con un' espressione del viso non tanto allegra: Non ti preoccupare Phil (mi chiamava sempre così), ci sarò! Tieni presente una cosa però. Per colpa di questo appuntamento domani sono costretto a saltare l' allenamento. Queste sue parole mi spiazzarono completamente a tal punto che non dissi nulla, girai le spalle e mi diressi verso gli spalti. Mentre guadagnavo il posto in tribuna sorridevo ripensando a quelle parole e dicevo tra me e me: Che capa fresca che tiene sto Gurgone! Quelle sono state le ultime parole che Giovanni mi ha rivolto. Parole che dimostrano quanto Giovanni amasse, in generale, stare in palestra ad allenarsi con i ragazzi. Parole che denotano l'immensa passione che lui nutriva per questo sport. Da lì a poco Giovanni se ne sarebbe andato via per sempre, in un lampo, indossando ancora maglietta, pantaloncini e scarpette. Aveva appena 54 anni e lo spirito candido di un ragazzino. La sua salita al cielo ha lasciato nel cuore di tutti noi un vuoto incolmabile, una ferita inguaribile, un dolore incessante. Tutti quelli che lo hanno conosciuto in palestra sono sicuramente dei fan del Gurga e ognuno di essi porterà con sé un ricordo, una scena speciale vissuta con lui. Io non ne ho una in particolare, ne ho tantissime che resteranno indelebili dentro di me. Mi piacerebbe ricordare però un aspetto ricorrente a cui facevo caso e che forse in tanti condivideranno con me. Quando metteva piede in palestra, alla sola sua vista, nasceva spontaneamente un sorriso sul volto di tutti i presenti. Questo era il Gurga! Il nome di Giovanni Gurgone resterà legato indissolubilmente a quello dell'Oplonti finchè avremo la forza di portare avanti le nostre attività. Noi porteremo avanti tutte le iniziative che Giovanni svolgeva con passione. Da qui in avanti ce la metteremo tutta per onorare il suo nome e realizzare i suoi desideri incompiuti. Lui ci guiderà dall'alto e ci darà la forza ed il coraggio di andare avanti. E allora The show must go on. Lo spettacolo del volley deve continuare e continuerà costi quel che costi. Ma c'è un altro spettacolo che per quanto potremmo sforzarci di andare avanti, non potrà più continuare, perché quello spettacolo, caro Gurga, eri tu! Vorrei chiudere questo mio personale omaggio alla memoria di Giovanni Gurgone con un sorriso, è giusto così, lui ce ne ha regalati un'infinità. Realizzai una vignetta che lo ritraeva per il giornalino che distribuivamo all'interno dell'Associazione e per il nostro sito. Era il periodo natalizio del 2009 e mi ricordo come fosse ora il momento in cui gliela mostrai per chiedergli il permesso di pubblicarla. Lui la guardò e cominciò a ridere di gusto e mentre continuava a ridere mi fece un cenno di approvazione col capo. Gli era piaciuta molto. Forse perché quella immagine rappresentava bene il suo essere un po' burlone e il suo affettuoso legame con i ragazzi.

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